Creatività e disciplina sono i principi fondanti della filosofia di Alvaro Siza. Che mostra e dimostra sfaccettature, poliedricità, duttilità tipiche dell’artista. Punto focale del pensiero di Siza è l’attenzione al passato, parte dalle radici e da lì crea, plasma, inventa, proprio come un albero si sviluppa da un piccolo seme. La relazione con il passato s’instaura attraverso la memoria: ogni esperienza, come un collage di informazioni e cultura, si accumula a livello conscio e subconscio, e diventa parte del progetto successivo.
Elegante ed elaborato. Raffinato in ogni suo progetto, in ogni sua creazione, capace di entrare in sintonia con l’ambiente, in punta di piedi.
Nato nel 1933 nella limpida Oporto, gioiello arroccato sulle alture portoghesi, è senz’altro l’architetto più rappresentativo della cosiddetta “scuola di Porto”, rimasta confinata all’interno del Portogallo almeno fino alla fine del regime autoritario di António Salazar nel 1974.
E’ nella città natale che continua a vivere ed a insegnare, presso la facoltà di architettura, proprio in uno dei suoi edifici. Nel 1992 vince il premio internazionale di architettura più prestigioso al mondo, il premio Pritzker. Nel 2012 la Biennale di Venezia gli ha assegnato il Leone d’Oro alla carriera, citando nelle motivazioni la sua distanza dal gruppo dei più esposti grandi architetti internazionali: “Siza ha mantenuto una consistente produzione di opere del più alto livello, senza tuttavia mostrare la minima traccia di quel palese professionalismo e dell’autopromozione che sono ormai diventati parte del meccanismo dell’architetto contemporaneo. Mentre sembra andare nella direzione opposta rispetto al resto della categoria, in realtà pare essere sempre davanti a tutti, apparentemente non toccato e non intimorito dalle sfide pratiche e intellettuali che pone a se stesso” .
“Sviluppando un linguaggio architettonico tutto suo, sembra parlare a tutti noi. Mentre la sua opera emana sicurezza di giudizio, essa risulta chiaramente potenziata da prudente riflessione. Mentre siamo abbagliati dalla luminosità dei suoi edifici, avvertiamo tutta la loro consistenza”.
Nel maggio 2013 l’architetto Hugo Oliveira ha fatto un'intervista a Siza per la rivista Archidaily, pubblicata con il titolo "The obsolescence of a building", in cui i due discutono soprattutto di una delle caratteristiche più importanti del lavoro di Siza, cioè quella del rapporto tra il tempo e la funzionalità di una struttura. La posizione di Siza è racchiusa in una unica citazione “il convento, è forse il miglior esempio di una tipologia di struttura che è sia funzionale allo scopo che flessibile ad altri usi”.
Un’architettura durevole e flessibile racchiude il suo pensiero, in opposizione alla tendenza a progettare e terminare un edificio nel più breve tempo possibile, facendo sì che la struttura duri soltanto fino a che è necessaria a svolgere la sua funzione originale, quella per cui era stata progettata.
La sua architettura non ha un linguaggio prestabilito né vuole stabilire una lingua . Si tratta di una risposta a un problema concreto, una situazione in trasformazione a cui partecipa. E’ lo stesso maestro ad affermare che “In architettura, abbiamo già superato la fase in cui abbiamo pensato che l'unità del linguaggio avesse potuto risolvere tutto. Un linguaggio prestabilito, puro, bello , non mi interessa.”
Ciò che cattura delle sue architetture è l’essenza, così candidamente esternata: nulla nasconde, nulla traveste. Superfici continue, gioco di piani e materiali tradizionali non si sottraggono ad un gioco sapiente di tensioni e punti di vista dinamici. Nella sua opera lo “stile" non è di importanza, ciò che conta è il rapporto tra il lavoro e la vita , lo stile è solo la conseguenza di esso.
Elegante ed elaborato. Raffinato in ogni suo progetto, in ogni sua creazione, capace di entrare in sintonia con l’ambiente, in punta di piedi.
Nato nel 1933 nella limpida Oporto, gioiello arroccato sulle alture portoghesi, è senz’altro l’architetto più rappresentativo della cosiddetta “scuola di Porto”, rimasta confinata all’interno del Portogallo almeno fino alla fine del regime autoritario di António Salazar nel 1974.
E’ nella città natale che continua a vivere ed a insegnare, presso la facoltà di architettura, proprio in uno dei suoi edifici. Nel 1992 vince il premio internazionale di architettura più prestigioso al mondo, il premio Pritzker. Nel 2012 la Biennale di Venezia gli ha assegnato il Leone d’Oro alla carriera, citando nelle motivazioni la sua distanza dal gruppo dei più esposti grandi architetti internazionali: “Siza ha mantenuto una consistente produzione di opere del più alto livello, senza tuttavia mostrare la minima traccia di quel palese professionalismo e dell’autopromozione che sono ormai diventati parte del meccanismo dell’architetto contemporaneo. Mentre sembra andare nella direzione opposta rispetto al resto della categoria, in realtà pare essere sempre davanti a tutti, apparentemente non toccato e non intimorito dalle sfide pratiche e intellettuali che pone a se stesso” .
“Sviluppando un linguaggio architettonico tutto suo, sembra parlare a tutti noi. Mentre la sua opera emana sicurezza di giudizio, essa risulta chiaramente potenziata da prudente riflessione. Mentre siamo abbagliati dalla luminosità dei suoi edifici, avvertiamo tutta la loro consistenza”.
Facoltà di Architettura di Porto |
Nel maggio 2013 l’architetto Hugo Oliveira ha fatto un'intervista a Siza per la rivista Archidaily, pubblicata con il titolo "The obsolescence of a building", in cui i due discutono soprattutto di una delle caratteristiche più importanti del lavoro di Siza, cioè quella del rapporto tra il tempo e la funzionalità di una struttura. La posizione di Siza è racchiusa in una unica citazione “il convento, è forse il miglior esempio di una tipologia di struttura che è sia funzionale allo scopo che flessibile ad altri usi”.
Un’architettura durevole e flessibile racchiude il suo pensiero, in opposizione alla tendenza a progettare e terminare un edificio nel più breve tempo possibile, facendo sì che la struttura duri soltanto fino a che è necessaria a svolgere la sua funzione originale, quella per cui era stata progettata.
Schizzi |
La sua architettura non ha un linguaggio prestabilito né vuole stabilire una lingua . Si tratta di una risposta a un problema concreto, una situazione in trasformazione a cui partecipa. E’ lo stesso maestro ad affermare che “In architettura, abbiamo già superato la fase in cui abbiamo pensato che l'unità del linguaggio avesse potuto risolvere tutto. Un linguaggio prestabilito, puro, bello , non mi interessa.”
Padiglione Nazionale Portoghese - Lisbona |
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